domenica 1 aprile 2012

PROSSEMICA


Nel 1963 l'antropologo Edward Twitchell Hall ha dato vita allo studio della prossemica; questo termine significa studiare la comunicazione attraverso le distanze fisiche ed analizza i messaggi inviati dall'essere umano nell'ambito dello spazio studiato. L'aspetto veramente interessante di questo studio è dato dal fatto che il modo nel quale gli esseri umani tendono a disporsi in una determinata condizione, solo apparentemente casuale, è in realtà codificato da delle regole ben precise e solitamente sempre uguali o per lo meno ricorrenti nella maggioranza dei casi.
La regola principe della prossemica è definita dalla suddivisione dello spazio che circonda l'essere umano in quattro zone o aree ben precise; infatti, ognuno di noi crea, più o meno inconsapevolmente, uno spazio intorno a sé. L'estensione di questo spazio è regolato da più fattori come la cultura di origine, le esperienze, l'età, il sesso, la razza. Definiamo ora queste quattro aree:
L’aspetto prossemico della comunicazione analizza i messaggi inviati con l’occupazione dello spazio.
Il modo nel quale le persone tendono a disporsi in una determinata situazione, apparentemente casuale, è in realtà codificato da regole ben precise. Ognuno di noi tende a suddividere lo spazio che ci circonda in quattro zone principali:



• Zona intima (da 0 a 50 centimetri)
• Zona personale (da 50 cm ad 1 metro)
• Zona sociale (da 1 m a 3 o 4 m)
• Zona pubblica (oltre i 4 m)

La zona intima è, come facilmente intuibile, quella con accesso più ristretto: di norma vengono accettati senza disagio al suo interno solo alcuni familiari stretti e il partner. 

Un ingresso di altre persone esterne a questo ristretto nucleo di “ammessi” all’interno della zona intima viene percepita come una invasione che provoca un disagio, variabile a seconda del soggetto. Come conferma di questo basti pensare alla situazione di imbarazzo che si prova quando siamo costretti ad ammettere nella nostra zona intima soggetti estranei, ad esempio in ascensore o sull’autobus; la conseguenza di questa situazione è un tentativo di mostrare l’involontarietà della nostra “invasione”, quindi si tende ad irrigidirsi e a non incrociare lo sguardo con le altre persone.

La zona personale è meno ristretta: vi sono ammessi familiari meno stretti, amici, colleghi. In questa zona si possono svolgere comunicazioni informali, il volume della voce può essere mantenuto basso e la distanza è comunque sufficientemente limitata da consentire di cogliere nel dettaglio espressioni e movimenti degli interlocutori.

La zona sociale è quell’area in cui svolgiamo tutte le attività che prevedono interazione con persone sconosciute o poco conosciute. A questa distanza (come detto da 1 a 3 o 4 metri) è possibile cogliere interamente o quasi la figura dell’interlocutore, cosa che ci permette di controllarlo per capire meglio le sue intenzioni. È anche la zona nella quale si svolgono gli incontri di tipo formale, ad esempio un incontro di affari.

La zona pubblica è quella delle occasioni ufficiali: un comizio, una conferenza, una lezione universitaria. In questo caso la distanza tra chi parla e chi ascolta è relativamente elevata e generalmente codificata. È caratterizzata da una forte asimmetria tra i partecipanti alla comunicazione: generalmente una sola persona parla, mentre tutte le altre ascoltano.

In buona sostanza, lo spazio che decidiamo di porre verso gli altri non è altro che la distanza mentale o relazionale che vogliamo imporre ad altri. Questo spazio viene anche chiamato 'bolla prossemica' in quanto ha la funzione di proteggerci dagli altri salvaguardandoci psicologicamente e fisicamente.
Se osserviamo il nostro modo di comportarci nel momento in cui incontriamo una persona, questo incontro è regolato da molti fattori. Innanzi tutto l'atteggiamento che abbiamo con un amico o un coniuge o una persona particolarmente amata è differente rispetto ad uno sconosciuto, inoltre le nostre origini culturali ci diranno come comportarci e quale atteggiamento avere con un altro essere umano. Se osserviamo le popolazioni orientali ed asiatiche riscontreremo che queste si avvicinano molto ad uno sconosciuto rispetto alle popolazioni europee o nord americane le quali pongono una maggiore distanza fisica; la stessa cosa avviene in Italia fra una persona che abita in città, abituata ad aree comuni decisamente più ristrette rispetto a chi vive in campagna, in ambienti molto ampi.
Lo spazio prossemico è presente in ogni aspetto della nostra vita. Lo troviamo seduti al ristorante, alla nostra scrivania, al banco da lavoro, nell'ascensore e via dicendo. Tutte queste situazioni hanno una base in comune: tendiamo sempre a delinearci uno spazio personale, se questo viene invaso a livello inconscio il battito cardiaco aumenta, s’incomincia a sudare, impallidiamo, ci irritiamo, modifichiamo la nostra postura, cambia la nostra respirazione, fisiologicamente una scarica di adrenalina ci predispone alla lotta della nostra area.

Tutto ciò può essere preso in considerazione nel momento in cui comunichiamo con gli altri, sapendo che come noi anche gli altri hanno delineato un loro spazio intimo, personale e sociale. Se ne rispettiamo i confini, molto probabilmente riusciremo a instaurare e mantenere una buona comunicazione. Bisogna sempre tenere gli estranei nella propria zona Sociale.
Anche la voce è una barriera fisica, che può essere utilizzata insieme alla protezione delle mani. Se qualcuno si avvicina troppo l’intenzione di minacciose, Bisogna rispondere a tono, ma da persona razionale e intelligente. Con voce alta, ferma e decisa es. “Fermati! Ti ho detto di fermarti! Sta’ calmo! Stop!”.
Non sono tanto le parole dette a fermare l’aggressore, ma quanto la voce. Se è flessibile e tremolante, e tradisce paura, è controproducente: meglio stare zitti. Ma se è determinata, squillante, forte, può fare dei miracoli. Bisogna comunicare che si è un osso duro. Che con noi è meglio non provarci altrimenti finisce male, per lui, naturalmente.



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